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CULTURA E SOCIETA’ / Educazione e Democrazia: Un’Analisi Necessaria

Sempre più spesso, ascoltiamo attraverso i mass media, storie di medici, forze dell’ordine, pubblici ufficiali che vengono maltrattati e picchiati, cosa che solo vent’anni fa era molto difficile vedere, oppure gruppi di ultras che si picchiano come in un Arena dell’antica Roma in nome di un amore per una squadra sportiva.

Sempre più spesso ascoltiamo, attraverso i mass media, storie di medici, di forze dell’ordine, di pubblici ufficiali che vengono maltrattati e picchiati, cosa che solo vent’anni fa era molto difficile vedere. Oppure gruppi di ultras che si picchiano come in un’arena dell’antica Roma, in nome di un amore per una squadra sportiva.

Questo disagio, questa mancanza di rispetto verso l’altro, pesca da una retrogressione della cultura, del senso civico, poiché con il trascorrere del tempo, l’autorità, in tempi passati basata esclusivamente sulla paura, sull’obbedienza e, nei peggiori casi, sulla sottomissione, è venuta fortunatamente meno, ma non è stata sostenuta da un concetto più ampio di senso di Stato che dovrebbe essere proprio di un cittadino che ama la società dove vive.

Ma riconoscere un’istituzione, un’autorità, come nel nostro Paese, dove non è imposta con la paura, con la cieca obbedienza, ma attraverso una coscienza della persona, parte proprio da una base di cultura dell’intera comunità.

Una cultura del sapere, del ragionare, del condividere. Citando il concetto di basi culturali, non posso fare a meno di citare il rapporto Censis del 2024 che evidenzia: “Nonostante solo 260.000 italiani siano analfabeti e i laureati siano cresciuti fino a 8,4 milioni (18,4% della popolazione over 25, rispetto al 13,3% del 2011), gravi carenze educative lasciano molti cittadini disorientati e vulnerabili.” E soprattutto: “Degli italiani intervistati su scuola e apprendimento: molti studenti non raggiungono traguardi minimi: Italiano: 24,5% alle elementari, 43,5% alle superiori (80% negli istituti professionali). Matematica: 31,8% alle elementari, 47,5% alle superiori (81% nei professionali).”

Questo significa che qualcosa, a livello di istruzione, è cambiato, in maniera negativa, ed in una democrazia come la nostra, che prevede persino nella Costituzione, tra i Principi fondamentali, l’Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Un’uguaglianza che si esplicita nell’aiuto della comunità–Stato ad eliminare gli ostacoli che impediscono ad una persona di crescere anche intellettualmente, le cd. uguaglianza formale e sostanziale.

Gli anni che sono passati hanno visto corrodere l’istruzione, dal suo interno, creando classi di professori di tutti i livelli insoddisfatti sia economicamente che operativamente, perdendo autorità e faticando ad avere anche autorevolezza, grazie anche allo spietato sapere di internet, togliendo i fondi economici e creando un sistema dove l’alunno ha sempre ragione e quello che ha bisogno di aiuto viene lasciato da solo.

Adesso il Ministero dell’Istruzione viene chiamato anche della Meritocrazia, bellissimo! Ma io mi domando: come si fa a commisurare la meritocrazia se prima non si soddisfano a pieno i principi sanciti dall’Art. 3 della nostra Costituzione? Come può essere comparato un ragazzo che, per studiare, deve per forza lavorare, per poi frequentare aule universitarie sovraffollate? E la soluzione non è il numero chiuso, che io trovo deleterio e contrario ai dettami costituzionali precedentemente citati. Ricordo che all’Art. 34 della Costituzione è sancito che: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.” I nostri amati costituenti, provenienti da diverse connotazioni politiche, ceti sociali e via discorrendo, sapevano che, per un grande Stato che si reggesse sulla democrazia, doveva con tutti i mezzi garantire il sapere, l’istruzione.

Non sono un complottista, in maniera assoluta. Tuttavia, se il rapporto Censis chiude il suo rapporto dicendo: “Questi dati preannunciano una condizione di ignoranza diffusa, che rischia di minare democrazia e coesione sociale. Infatti, in un contesto simile, pregiudizi irrazionali e stereotipi culturali trovano terreno fertile,” un dubbio leggendo questo periodo sinceramente viene. E soprattutto bisogna ricordarsi che queste persone, cresciute in “un contesto… pregiudizi irrazionali e stereotipi culturali…”, sono anche elettori e, in quanto tali, un giorno, se già non lo hanno fatto, si chiuderanno in un’urna e voteranno. E quindi saranno loro a decidere i propri rappresentanti al Parlamento e, di conseguenza, il Governo. Questo mi fa molto riflettere. Vogliamo questo? Come scrisse Cicerone: “Come il campo, benché fertile, senza coltivazione non può dare frutti, così l’intelligenza senza lo studio.”

Alfredo CARLACCINI

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